ITALIAN: The European Union’s Legal Obligation to Stop Trade with Illegal Israeli Settlements Hits the Mainstream

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Aprile 10, 2017, Brussels, Belgium — La settimana scorsa uno delle più importanti testate su temi giuridici nel mondo, The European Journal of International Law, ha pubblicato un articolo sul proprio sito affermando che l’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno giuridicamente l’obbligo di mettere fine ad ogni commercio con gli insediamenti illegali che Israele ha costruito sulla terra rubata ai Palestinesi. Questo ci indica che l’opposizione al commercio con gli insediamenti illegali israeliani sta crescendo e sempre più diventa una posizione mainstream.

Come questo articolo spiega, la continua costruzione di insediamenti illegali su terra palestinese viola regole fondamentali del diritto internazionale come la proibizione di sottrarre terra con la forza, la proibizione dell’apartheid e del trasferimento di popolazione e come il diritto alla autodeterminazione. Secondo lo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale la costruzione di tali insediamenti da parte di Israele potrebbe essere annoverata tra i crimini di guerra.

La conclusione giuridica che il commercio con gli insediamenti illegali israeliani viola il diritto internazionale è sostenuta da un’ampia comunità di giuristi internazionali, inclusi due precedenti relatori speciali della Nazioni Unite, giudici ad hoc della Corte Internazionale di Giustizia, un ex Presidente e componenti della Commissione di diritto internazionale (l’organismo chiave delle Nazioni Unite che si occupa dello sviluppo del diritto internazionale).

In anni recenti, questa comunità ha ridefinito le sue argomentazioni e pubblicato una lettera aperta an open letter richiamando la UE e i suoi Stati membri a rispettare il loro obbligo legale internazionale di non commerciare con gli insediamenti di Israele.

Tom Moerenhout, autore dell’articolo the article pubblicato dal Giornale Europeo di diritto internazionale e primo firmatario della lettera aperta indirizzata da esperti legali a coloro che prendono le decisioni nella UE, dice: “Cessare il commercio con gli insediamenti illegali di Israele non è da considerarsi una opzione possibile, ma un obbligo giuridico”

Nel 2013, la pressione pubblica e l’azione di lobbying esercitata da organizzazioni palestinesi ed europee ha portato la UE ad introdurre una politica contro l’erogazione di fondi per o consentire la partecipazione di Israele a progetti UE, nel caso in cui questi progetti o partecipazione ad essi riconoscano effettivamente la sovranità di Israele sui territori occupati Palestinese e Siriano.

Tuttavia la UE continua a commerciare con le colonie illegali israeliane e fornisce fondi ad aziende israeliane loro complici attraverso il programma di ricerca UE chiamato Horizon 2020.

“Se la UE non cessa il commercio con le colonie illegali di Israele costruite su terra palestinese rubata, è obbligo giuridico degli Stati membri di agire unilateralmente e mettere fine essi stessi a questo commercio ” – conferma Moerenhout.

Quando la Russia ha annesso la Crimea e Sebastopoli nel 2014 la UE proclamò immediatamente che queste annessioni erano illegali, e applicò le proprie leggi e il diritto internazionale per bloccare le importazioni russe dalle regioni annesse illegalmente. Questo divieto della UE all’importazione sottolinea l’incoerenza e il doppio standard nel non vietare in modo analogo le importazioni dalle colonie illegali israeliane situate nei territori occupati Palestinesi.

Lo stop al commercio con le colonie israeliane nei territori occupati palestinesi è dovuto da tempo, e la mancanza della UE nell’applicarlo mettendo fine a questo commercio costituisce una violazione ipocrita dei suoi obblighi secondo le sue stesse leggi e secondo il diritto internazionale. Il commercio della UE con gli insediamenti illegali favorisce la colonizzazione e la aiuta a sopravvivere e svilupparsi. Gli Stati hanno il dovere di non riconoscere le colonie illegali e di smetterla di assistere Israele nelle sue violazioni dei diritti Palestinesi nei territori occupati. Questo obbligo è stato esplicitamente riconosciuto dalla Corte internazionale di Giustizia nel suo parere legale sul Muro e il suo contenuto è stato richiamato nella Risoluzione delle Nazioni Unite 2334.

Il Coordinamento Europeo dei comitati e associazioni per la Palestina (ECCP) è stato fondato nel 1986 e è una rete di 42 comitati, organizzazioni, ONG, sindacati e movimenti di solidarietà internazionale di 19 paesi europei, dedicata alla lotta del popolo Palestinese per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza.